Siamo quello che mangiamo. Ed è solo cibo?
Oggi la maggior parte degli alimenti che arrivano sulle nostre tavole è confezionato. Ciò implica un contatto, per un tempo più o meno lungo, con un imballaggio.
Siamo quello che mangiamo, si dice. Vero. E cosa mangiamo, in effetti? Siamo certi di alimentarci di solo cibo? Facciamo qualche riflessione in merito.
Il vetro è da sempre un materiale utile, pratico ed ecologico. È entrato talmente tanto a far parte del nostro immaginario collettivo che quasi non ci accorgiamo più della sua presenza.
Ma proviamo soltanto a immaginare la nostra dimensione casalinga, quella più intima e familiare, magari della nostra infanzia. Le dispense di legno colme dei vasetti di conserve, le vecchie bordolesi che custodivano il sangiovese dei nonni, lo mantenevano fragrante, corposo, senza mai tradirne la qualità. Ogni volta che si aprivano quelle conserve artigianali, chiuse insieme alla mamma facendo bollire i contenitori nell’acqua, ci si immaginava il sapore di quel cibo allegro e colorato esaltato dalla trasparenza dei vasetti.
La saggezza e i tempi distesi e sapienti di quella che era una società ancora piena di valori, ci hanno insegnato che tutto ciò che usciva da un contenitore di vetro aveva la garanzia della qualità, dell’artigianalità e della bontà. Tutto questo fa parte del nostro vissuto di emozioni personali. E ci porta, ogni volta che ci troviamo di fronte ai cibi conservati e trasportati in contenitori in vetro, ad associarvi automaticamente un’idea di genuinità.
Tutto vero. Oggi è la scienza a dimostrare quello che i nostri nonni sapevano per esperienza sul campo.
Il vetro, grazie alle sue innumerevoli qualità, è uno dei prodotti più sicuri dal punto di vista igienico-sanitario. Resiste alle alte temperature di lavaggio dei vuoti, è robusto, si richiude perfettamente, non assorbe sapori e odori.
Lo sanno le mamme, quando comprano gli omogeneizzati per i loro piccoli, e lo sappiamo noi acquistando prodotti freschi come il latte o nobili come il vino, l’olio e l’aceto balsamico. Il vetro è affidabile e ci fa sentire più protetti.
Mangiamo l’imballaggio?
Oggi la maggior parte degli alimenti, circa il 90%, che arrivano sulle nostre tavole è confezionato. Ciò implica un contatto, per un tempo più o meno lungo, con un imballaggio. Quest’ultimo svolge diverse funzioni, oltre a quella principale di contenitore. Deve infatti essere idoneo a garantire la conservazione di tutte le peculiarità del prodotto che contiene, possedere caratteristiche funzionali per il trasporto, la distribuzione, la manipolazione e la presentazione del prodotto (etichetta). Ma soprattutto deve garantire l’igienicità del contenuto. Pertanto ogni giorno il nostro menù è composto anche da sostanze provenienti dai contenitori dei nostri alimenti.
In Italia esiste fin dal 1973 una normativa che stabilisce regole per garantire la sicurezza degli imballaggi destinati al contatto alimentare.
È significativo, poi, che da alcuni anni sia aumentata costantemente l’attenzione della comunità scientifica nazionale e internazionale nei confronti di tale tematica. Gli esperti che studiano l’impatto sulla salute della nostra alimentazione e i rischi collegati stanno rivalutando i parametri di sicurezza. Questo anche in funzione dei nuovi dati e delle più innovative tecniche di analisi di recente introdotte. Seguendo questa scia e in virtù dell’incremento significativo dell’utilizzo degli imballaggi da parte dei consumatori, e quindi dell’esposizione alle sostanze che potenzialmente possono migrare negli alimenti, gli organi istituzionali italiani ed europei responsabili della tutela dei consumatori stanno identificando nuovi scenari e rivalutando i rischi connessi agli imballaggi.
Occorre peraltro sottolineare che l’impatto a lungo termine sulla salute delle sostanze chimiche presenti negli imballaggi è difficilmente prevedibile. Le norme attuali sono basate esclusivamente su modelli probabilistici in corso di aggiornamento.