
Kintsugi: l’arte di riparare (anche) il vetro
Una antica tecnica per dare nuova vita ai frammenti (in vetro)
Di cosa parliamo quando parliamo di kintsugi?
Kintsugi, o kintsukuroi: nome di questa antica pratica significa, letteralmente, riparare con l’oro. Si tratta infatti dell’arte centenaria di utilizzare oro o argento liquido, o ancora una lacca dorata e impreziosita, per riparare gli oggetti che si sono rotti. La tecnica permette infatti di ricomporre i frammenti grazie al metallo di grande valore e di grande eleganza, che salderà fra loro i cocci altrimenti scomposti e irrecuperabili. In questo modo, da qualcosa di imperfetto, se non già proprio rotto, si otterrà un oggetto prezioso – non solo e non tanto dal punto di vista economico, ma sopratutto estetico -.
Un’arte e una filosofia
Capita che un oggetto, specie se di un materiale fine e fragile come il vetro, vada in pezzi. Quante volte ci è successo di far cadere inavvertitamente un bicchiere, una brocca, una teiera o una ciotola? O ancora un piatto? Certo, la prima reazione è il dispiacere: si crede improvvisamente di aver compiuto un danno irreparabile, e di ritrovarsi perciò con soli scarti non recuperabili, e da gettar via. Eppure, ci insegna questa saggezza orientale, non tutto è perduto, anzi.
Nel momento dello sconforto, vi è sempre un silver lining a cui affidarsi e a cui prestare attenzione. Guardiamo i nostri cocci, sparsi sul pavimento. A seconda dell’impatto, questi avranno assunto una conformazione unica. E proprio da queste “crepe” potrà entrare la luce del kitsungi: basterà saldarle assieme non con una semplice colla, ma con del materiale prezioso – il loro particolare taglio, conferito dalla caduta, sarà così replicato e soprattutto valorizzato dalle “vene” dorate. Ogni pezzo diviene, in questa maniera, irripetibile e unico nel suo genere: si supera la rottura e il danno, creando al loro posto, o proprio grazie a loro, valore ed eccezionalità. Si tratta di una filosofia, detta wabi sabi, il cui cuore è appunto trovare la bellezza nelle cose rotte, e apparentemente inutilizzabili, di alcun rilievo.
…Che ben si applicano al vetro
Tendenzialmente applicata a vasellame e ceramiche, questa fine arte del riparare può ben essere traslata sugli oggetti in vetro. Che è un materiale altrettanto fragile ma che, soprattutto, incarna perfettamente questa antica saggezza. Il vetro non viene infatti costantemente riutilizzato e rivalorizzato, in un ciclo compiuto che gli dia sempre nuova vita? Inserito nel ciclo più ampio di produzione e riutilizzo, vive un numero potenzialmente infinito di vite. Oggi ve ne regaliamo una nuova: non attraverso il riciclo, ma attraverso il kitsungi. Certo più affilato della ceramica, il coccio di vetro regalerà ancor più luce alle sue crepe dorate! E sarà di maggiore effetto, regalando splendore a ciò che si pensava rotto e da abbandonare. Tradizionalmente, la lacca applicata è la lacca urushi; si racconta che il primo oggetto riparato in questa maniera sia stata una tazza, posseduta da Ashikaga Yoshimasa, nobiluomo che l’avrebbe affidata ad artigiani giapponesi.
Il wabi sabi: attitudine alla rinascita
Il kintsugi suggerisce una filosofia, e uno stile di vita, perfettamente in linea con il nostro materiale preferito – il vetro. Non si deve buttare ciò che sembra rotto, o ciò che si è utilizzato: il passato può sempre diventare qualcosa di prezioso, e dare vita a sempre nuove storie, inesauste. Le alte temperature non rendono quella che era semplice sabbia un materiale trasparente, diafano, versatile e sì imprescindibile? Un po’ accade così con il kintsugi: in cui “polvere”, o frantumi, danno luogo a qualcosa che tanto assomiglia all’arte. Si tratta in ogni caso di una tecnica tendenzialmente sviluppata da “professionisti”: occorre tanta maestria per comporre i cocci, e assemblarli nella loro forma originaria per creare nuovi oggetti. Esistono tuttavia numerosi kit, che prevedono in particolare la lacca dorata: muniti di guanti, basterà adagiarla con cautela sui bordi affilati dei frammenti in vetro, abbondando con generosità perché riesca effettivamente a tenerli poi insieme. E poi attendere, premendoli assieme a due a due, quasi componendo un prezioso puzzle. Gli eventuali eccessi di liquido legante andranno poi puliti con cura, utilizzando una lima o una spazzola: che renderà inoltre la superficie omogenea e levigata.
Va da sé, il processo richiederà grande cautela, tempo, pazienza – e stupore. Vedremo piano piano il nostro oggetto (bicchiere, brocca o ciotola che sia) riacquistare la propria forma, e le crepe diventare venature dorate e luminose.